RECENSIONI …

Recensione a Marco Campedelli,

Il vangelo secondo Dario Fo. Mistero buffo, ma non troppo, Claudiana 2021

di.: Francesco Padovani

(Nato nel 1989, ho studiato al liceo Maffei di Verona, dove ho avuto come insegnante Marco Campedelli. Mi sono formato e addottorato in Filologia greca antica alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Svolgo attività di ricerca nel campo della letteratura greca e delle letterature comparate. Coltivo la scrittura creativa come forma di ricerca nel dominio dell’interiorità e dell’immaginazione, dove l’esercizio della razionalità scientifica non è in grado di addentrarsi).

E se Gesù avesse messo in piedi una compagnia teatrale? Il libro si apre con questa immagine, nata in seno a una conversazione reale tra Marco Campedelli e Dario Fo. Dopo Il vangelo secondo Alda Merini (Claudiana, 2019), Marco Campedelli si confronta con un’altra versione eretica del vangelo, attraverso un dialogo appassionato con l’opera di Dario Fo e Franca Rame, mettendo in luce da un lato la profonda religiosità creaturale che pervade l’opera di Fo e Rame, dall’altro la carica rivoluzionaria del vangelo che gli autori di Mistero buffo intuirono al di là dei tentativi millenari di addomesticare la parola di Cristo. Campedelli dimostra che la satira di Fo e Rame non è dissacrante rispetto all’esperienza di Cristo, al contrario: essa si appunta contro le concrezioni dell’ipocrisia dogmatica che le si sono addensate attorno, soffocandone lo slancio profetico, e ne snuda la vocazione contenuta nell’etimologia stessa di ‘vangelo’, la buona novella, venuta tra gli uomini per insegnare loro ad accogliere pienamente il mistero divino dell’esistenza e a danzare secondo il suo ritmo segreto.

Il libro di Marco Campedelli non si limita a ripercorrere le scene più celebri di Mistero buffo e Lu santo jullare Françesco, con la loro critica feroce allo scempio del potere perpetrato anche dalla chiesa di Cristo, con la loro tenerezza verso l’incanto indifeso della vita degli uomini. Il dialogo con l’opera di Fo e Rame e il rispetto della carica rivoluzionaria del vangelo impongono una presa di posizione di fronte ai temi trattati, che vada oltre la mera descrizione filologica dei testi. Così, sull’esempio di Francesco d’Assisi, di Fo e Rame e di tanti altri matti di dio (Alda Merini, David Maria Turoldo, Pier Paolo Pasolini), Marco Campedelli stesso indossa i panni del giullare medievale, ispirato dalla profezia evangelica, e si cala in una satira coraggiosa delle storture della chiesa cattolica e di riflesso delle strutture mentali e istituzionali che soffocano l’umanità occidentale. L’intuizione del teatro itinerante di cui Gesù avrebbe potuto essere il capocomico rimette al centro del villaggio la parola amorosa del vangelo e ne riafferma l’essenza scandalosa contro le convenzioni farisaiche di ogni tempo. “Sono venuto a portare non pace, ma spada”, disse Gesù ai discepoli. Non si tratta della spada degli eserciti, spesso benedetti dalla croce della chiesa, né della spada di cui si armano le sofisticherie intellettuali delle accademie teologiche. La spada di Cristo è spada d’amore, che reclama il riconoscimento misericordioso dell’essere umano nella sua fragilità e si erge a difenderne le ragioni contro il cinismo e le ingiustizie del potere, che la satira mette spietatamente alla berlina, per riaffermare una pietà più alta verso le creature, specialmente verso coloro che il potere stesso ha emarginato e censurato.

La pietà ha un volto di donna. Come già ne Il vangelo secondo Alda Merini, Marco Campedelli intuisce la consustanzialità tra la rivoluzione cristiana e la voce delle donne, voce altissima, conflittuale, capace di sussurrare con delicatezza il primato essenziale dell’amore in faccia alle urla isteriche della legge patriarcale, che per questo si ritrova emarginata nella chiesa e nella società. La radicalità della parola di Cristo non sarebbe concepibile senza la Maddalena, vera coprotagonista del vangelo, senza la quale il teatro di Gesù non avrebbe neppure potuto essere concepito. È questo un passo ulteriore rispetto alla donna cantata da Dario Fo e Franca Rame, Maria, la madre di Cristo. Marco Campedelli, che pure dedica pagine struggenti all’amore della madre di Cristo, figura di tutte le madri tenere e dolenti dell’umanità, riconosce nel rapporto con la Maddalena la chiave di volta dell’esistenza di Gesù. Egli fu capace d’amore per l’umanità, ma fu anche capace, come uomo, di amare un’altra creatura umana nel suo breve percorso terreno. Soltanto un potere reso cieco dalla propria arroganza può considerare scandaloso l’amore di Cristo per una donna. Il libro lascia il lettore con il dubbio che la vera dissacrazione della figura di Cristo sia stata compiuta da chi ne ha fatto un idolo ricoperto di dogmi, e non dalla satira di Dario Fo e Franca Rame, che ne ha liberato l’energia vitale dirompente. Grazie a Marco Campedelli per questo piccolo libro coraggioso, che scandisce con scandalosa semplicità le parole cruciali del vangelo, troppo spesso oscurate dalla seriosità mortifera del potere che se ne è fatto unico intestatario.

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